csmC’è chi scopre oggi l’esistenza del Partito dei
Giudici. E l’Espresso, sognando una nuova Mani Pulite, lo rilancia.

Ma dove erano prima i “professorini” di Forza Italia, gli attenti politici e gli accorti giuristi, tutti coloro che hanno in silenzio complice consentito alle strutture organizzate dei magistrati di operare per realizzare la via giudiziaria al potere?
E perché, fatta eccezione di pochi, nessuno reagiva contro le manipolazioni delle regole e lo stravolgimento della legge? Quando venne massacrato Enzo Tortora e quando in nome di un’emergenza continua i giudici pistaroli costruivano in laboratorio pentiti e verità teorematiche, sostenuti sinergicamente dai giornalisti organici, per eliminare i cosiddetti antagonisti? E chi permise l’operazione a regia nota come “mani pulite” diretta a mettere fuori gioco quanti a livello politico si opponevano alle privatizzazioni selvagge volute da Superfinanza?

Chi cercò di impedire  ai professionisti dell’antimafia di trasformare l’Italia in uno smisurato pontificio? Chi consentì l’aggressione a Corrado Carnevale?  Chi sostenne le battaglie solitarie di Giancarlo Lenher e di Filippo Facci? Chi ha letto “Toga! Toga! Toga!”? E chi si affiancò alla nostra Associazione ed al periodico “Giustizia Giusta” quando nel 1997 fu indetta la costituente per il Fronte di Liberazione della Giustizia? 

targacsm140pxE dove erano i forcaioli di A.N. che poi, impudentemente arrivarono a sostenere per bocca di Luccico che il CSM si era trasformato nel Sindacato dei Giudici? E quali riforme – a parte la sospetta ed inoperante legge  Cirami e quella anch’essa sospetta per le rogatorie – sono state fatte per cercare di arginare lo strapotere della magistratura?

Il nostro è un atto d’accusa indirizzato nei confronti di quanti, ai diversi livelli di responsabilità, ha per decenni cialtronescamente fatto finta di non accorgersi che era operativo il Partito dei Giudici che perseguiva indisturbato la via giudiziaria al potere.
Si fingeva per comodo, comunque per opportunismo, nella speranza-certezza di non incappare personalmente o come cosca nelle attività investigative dispiegate da procuratori agguerriti, ben consapevoli di poter mettere a punto, incontrastati, le loro strategie. Anche ad un superficiale osservatore era possibile conoscere quanto si andava elaborando nei vari convegni tenuti negli anni ’70 da Magistratura Democratica. 

Erano tempi in cui si sosteneva la necessità di una “giurisprudenza alternativa” e si indicavano gli strumenti ed i modi per abbattere gramscianamente il sistema “borghese”. Gli opinionisti politici non allineati con il Pci si limitavano a studiare il “fenomeno”, sottovalutandolo, ritenendo di avere a che fare con quattro innocui esaltati. Gli altri non lo studiavano neanche perché interessati nella gestione affaristica del potere. Quando si svegliarono e compresero quanto andava accadendo si era già verificata la saldatura tra gli estremisti di Magistratura Democratica e i moderati di Magistratura Indipendente e di Unicost: era nato, insomma, il Partito dei Giudici. Abbandonata l’utopia non pagante della “giurisprudenza alternativa” i giudici “rossi” scoprirono la forza della casta in grado di porsi come alternativa reale al potere politico.

Nessuno si è mai chiesto come facessero a convivere ideologicamente magistrati di “destra” come Borrelli e Davigo con giudici di “sinistra” come D’Ambrosio e Boccassini. Tanto per fare dei nomi. Parimenti nessuno si è mai chiesto in quale modo la “Scuola Piemontese” di Violante e Caselli potesse contare sull’appoggio incondizionato di Maddalena e Vigna. Sempre per fare dei nomi.

Ma si sa, non c’era ancora stata la bufera di Tangentopoli”: Di Pietro portava ancora i calzini corti da poliziotto e Scalfaro non aveva preso insieme con Parisi calci in culo nel Duomo di Palermo. Ma soprattutto Andreotti non aveva baciato Totò Riina. Il VAC non era operativo, non c’erano state le cantate dell’Ariosto, il Cavaliere non era stato avvisato a Napoli a mezzo stampa, il procedimento Imi-Sir non era stato incardinato.