Atto d'accusa contro ogni forma di ingiustizia - Giornale periodico on line a carattere politico e culturale
Bruno Contrada... Ma come può un uomo anziano di 77 anni, fortemente debilitato nel fisico e nello spirito, come peraltro accertato e riconosciuto nello stesso provvedimento, essere considerato un pericolo per la società?...
ECC.MA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE PENALE
ROMA

ATTO DI RICORSO

Quale difensore di
CONTRADA Bruno, nato a Napoli il 02/09/1931, richiedente nell’ambito del procedimento n. 2725/08 R.G.T.S., attualmente sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, propone formale

RICORSO

avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo, in data 13/01/09, depositata il 22/01/09, limitatamente al capo che rigettava l’istanza di differimento della pena (e si limitava ad applicare la misura della detenzione domiciliare), per i seguenti

MOTIVI

1. Violazione dell’art. 606 lett. E) c.p.p. per mancanza di motivazione risultante dagli atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.

Con ordinanza del 13/01/09 il Tribunale di Sorveglianza di Palermo convalida il giudizio già espresso dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli, confermando la concessione della detenzione domiciliare e rigettando l’istanza di differimento della pena proposta da questa difesa nell’interesse di Bruno Contrada.

Ma per una più chiara visione dell’intera vicenda giudiziaria ricapitoliamo brevemente le tappe che hanno portato all’attuale situazione, tenuto conto che il Tribunale di Sorveglianza di Palermo richiama nella motivazione dell’ordinanza le statuizioni dei provvedimenti adottati dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli in data 23/07/08 e 20/11/08.

Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, con l’ordinanza del 23 luglio 2008, pur ritenendo, per la prima volta nel corso del lungo iter giudiziario, sussistenti i presupposti per l’applicazione della disciplina del rinvio dell’esecuzione della pena, ordinava che al Contrada venisse concessa solamente la detenzione domiciliare, facendo leva su una presunta pericolosità sociale.

Tale decisione, pur avendo suscitato soddisfazione in questa difesa per aver aperto uno spiraglio positivo alla concessione di quanto previsto dalla legge a favore di chi, come il Contrada, versa in gravi condizioni di salute, sorprendeva negativamente per aver disatteso l’effettiva richiesta, con un’insufficiente motivazione.

E tutto ciò nonostante il favorevole parere della Procura Generale che, nella persona del Dott. Ugo Ricciardi, aveva espressamene sollecitato il Tribunale a concedere il differimento della pena, sussistendo tutti gli elementi richiesti dall’art. 147 comma 1 n. 2 c.p..

In seguito a queste valutazioni, la difesa di Bruno Contrada si attivava presentando ricorso per cassazione.

Tale ricorso era stato oggetto di valutazione da parte del Supremo Collegio, in data 8 ottobre 2008, e con il provvedimento in pari data lo stesso Organo sentenziava l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza “per mancanza di motivazione” rinviando per una nuova decisione.

Queste le testuali parole del Supremo Collegio: “… che, nel caso in esame, il profilo della pericolosità sociale e delle garanzie di affidabilità del condannato risulta scrutinato dal Tribunale di sorveglianza con riferimento ad indici astratti e generici, … senza che nella motivazione del provvedimento impugnato sia dato in realtà rinvenire alcun riferimento a specifiche, concrete e significative circostanze fattuali, che facciano ritenere tuttora necessario un minimo controllo da parte dello Stato”.

Sulla questione giuridica veniva nuovamente investito il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, il quale, con il provvedimento del 20/11/08, nuovamente ribadiva la sua ferma convinzione sulla necessità di mantenere in vinculis Bruno Contrada, disattendo palesemente le indicazioni impartite dalla Corte di Cassazione.

L’ultimo giudizio sulla vicenda viene dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo il quale, limitandosi a riprendere tutte le considerazioni mediche e giuridiche formulate dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli, riconferma in toto la decisione dello stesso, ovvero il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare.

Così si esprime il Tribunale di Sorveglianza di Palermo: “Ritenuto che, quanto alle istanze ex art. 146 e 147 c.p. volte all’ottenimento di un differimento “in libertà” dell’esecuzione della pena, in considerazione della recente statuizione del Tribunale di Sorveglianza di Napoli del 20/11/08 indicata in premessa, avente efficacia esecutiva ancorché provvisoria, con cui si è affermata la attuale pericolosità sociale del Contrada e la conseguente necessità del differimento nelle forme della detenzione domiciliare, ed in assenza di sopravvenuti “nuovi” elementi di rilievo prognostico e di segno contrario tali da ribaltare il giudizio formulato in tale ordinanza, si impone allo stato il rigetto di tali istanze”.

Tale decisione non può non suscitare fortissima perplessità poiché il Tribunale di Sorveglianza di Palermo concentra la sua attenzione su presunti elementi nuovi di rilievo prognostico, anziché prendere in considerazione le reiterate e fondamentali informative della Questura di Palermo, nelle quali si evidenzia con estrema chiarezza sia la totale mancanza di collegamenti con soggetti inseriti o gravitanti  in contesti delinquenziali sia l’assenza di rapporti di parentela o di frequentazione con persone appartenenti alla criminalità organizzata o che abbiano comunque subito condanne.

Anche il Tribunale di Sorveglianza di Palermo, così come in precedenza il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, mostra di sminuire l’importantissima opera di ricerca di informazioni posta in essere dalla Questura di Palermo, denunciando un atteggiamento di superficialità in un caso umano così delicato.

Ma come può un uomo anziano di 77 anni, fortemente debilitato nel fisico e nello spirito, come peraltro accertato e riconosciuto nello stesso provvedimento, essere considerato un pericolo per la società?

Egli non è mai stato a capo di alcuna delle famiglie mafiose che dominavano Palermo negli anni in cui lo stesso, nelle sue funzioni di Capo della Squadra Mobile di Palermo, i componenti di quelle stesse famiglie perseguiva per assicurarli alla Giustizia.

E poi, ammesso e non concesso che i fatti imputati al Contrada corrispondano al vero, come potrebbe oggi lo stesso rendersi utile ad una organizzazione mafiosa, considerando il lungo periodo trascorso da quando fu capo della Squadra Mobile a Palermo?

E come non considerare che tutti i personaggi con i quali, sempre ammesso e non concesso, avrebbe avuto rapporti, sono da decenni deceduti?

E per ultimo, come non tener conto che il Contrada, pur considerandosi nell’animo ancora un servitore dello Stato, è ormai sostanzialmente fuori da ogni carica pubblica?

Ancora una volta dobbiamo rilevare la totale mancanza di una motivazione che sorregga una decisione così ostile ed ostinata nei confronti delle legittime richieste del Contrada.

Per i numerosi punti a favore dell’accoglimento di queste ultime, si ritiene possa essere finalmente posto un termine alla lunga e tormentata vicenda giudiziaria del Contrada il quale chiede solo di poter trascorrere l’ultimo periodo della sua esistenza nel rispetto di un riconosciuto principio di umanità.

2. Violazione dell’art. 606 lett. B) c.p.p. in relazione all’art. 147, comma 1 n. 2 c.p.p. ed all’art. 47 ter comma 1 ter l.p., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale.

Come già detto, con l’ordinanza emessa il 13/01/09 il Tribunale di Sorveglianza di Palermo ha ordinato che a Bruno Contrada venga concessa, ai sensi dell’art. 47 ter comma 1 ter, la detenzione domiciliare.

La decisione del Tribunale lascia interdetti perché, dopo aver riconosciuto che lo stato di salute e l’età avanzata del Dott. Contrada mal si addicono alla detenzione carceraria, il Collegio giunge alla conclusione di applicare l’ipotesi di cui all’art. 47 ter comma 1 ter l.p., come modificato dalla L. 165/98.

E tale decisione si fonda su una assurda e presunta sussistenza di pericolosità sociale in capo al Contrada.

Pur consapevoli che la Legge attribuisce tale potere decisionale al Tribunale di Sorveglianza, tuttavia non si può non esprimere un forte e vibrante dissenso verso le assurde motivazioni che sorreggono tale conclusione.

Se è pur vero che l’art. 47 ter comma 1 ter dell’ord. pen. attribuisce al Tribunale il potere di optare per la detenzione domiciliare nelle ipotesi in cui potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi dell’art. 146 e 147 c.p., tuttavia è anche altrettanto vero e legittimo che l’esercizio di questo potere venga adeguatamente supportato da argomentazioni congrue, convincenti e aderenti alla reale consistenza dei fatti, così come realmente emergono dagli atti del procedimento.

Ciò in quanto, in uno Stato di diritto come il nostro, tutti i poteri, nel momento in cui vengono esercitati, devono essere sorretti da una congrua e valida motivazione che il Giudice fornisce a sostegno della sua decisione, poiché in tale mancanza, anziché di libero convincimento, si dovrebbe parlare di libero arbitrio.

Al riguardo si richiama l’importantissima sentenza della Corte di Cassazione del 2001 (Cass. Pen., Sez. I, 19/03/2001 n. 20480) che, ad avviso di questa difesa, specifica la vera funzione che l’ordinamento attribuisce all’art. 47 ter comma 1 ter dell’ord. Pen., ossia il contemperamento tra le esigenze di tutela della salute del detenuto e le esigenze della collettività in relazione ai profili di pubblica sicurezza, e si fa rilevare come, nel caso del Dott. Contrada, le uniche esigenze a cui poter fare riferimento sono quelle della tutela della salute del detenuto.

A ulteriore completezza dell’argomento, si cita l’ormai dominante orientamento della Suprema Corte, la quale sancisce comunque il privilegio per l’istituto del differimento della pena qualora appaiono meramente illusorie le possibilità di concreto reinserimento causa la precarietà dello specifico quadro clinico (Cass. Pen. Sez. I, 15/11/1999; Cass. Pen. Sez. I, 06/03/2000).

Il Dott. Contrada infatti è un quasi ottantenne, affetto da una innumerevole serie di malattie che rendono il suo stato di salute calzante con quello indicato nella norma per potersi configurare le condizioni stabilite dalla Legge per la concessione del differimento della pena.

Per contro, nessun aggancio è possibile trovare per giustificare esigenze della collettività in relazione ai profili di pubblica sicurezza, per negare una decisione favorevole all’accoglimento della richiesta presentata da questa difesa.

Infatti, l’assenza di pericolosità sociale non è stata creata ad arte da questa difesa per difendere Bruno Contrada, ma trova un autorevole riscontro nelle due informative inviate dalla Questura di Palermo e prima richiamate.

Il grande lasso di tempo trascorso da quando egli era in servizio rende queste considerazioni, legate a quel periodo, prive di alcun valore probatorio allo stato attuale, che è l’unico a cui fare riferimento.

Per sacrificare un bene costituzionalmente garantito come quello della salute, occorre che il pericolo sia reale e attuale. Allo stato dei fatti tutto ciò non sussiste in quanto ogni incarico ricoperto dal Contrada appartiene ormai al passato e nessuna influenza può essere attribuita ad un soggetto che da anni è ormai fuori da ogni carica e da ogni potere.

Inoltre si consideri che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna misura restrittiva nel periodo che va dal ’95 al 2007, quando era ancora in piena salute e con agganci negli ambienti di Polizia che non erano stati fino ad allora interrotti.

Non si spiega quale sia la ratio che permette di considerare non pericoloso per la collettività un individuo nel pieno delle sue facoltà e per contro si dipinga lo stesso soggetto come pericoloso, quando è ormai fuori da ogni contesto di rilievo e soprattutto quando è ormai minato nello spirito e ancor di più nel fisico.

Per quanto sopra

CHIEDE

che l’Ecc.ma Corte di Cassazione annulli l’impugnato provvedimento limitatamente alla parte in cui ha rigettato l’istanza di differimento pena e, a parziale modifica dello stesso, disponga la concessione del differimento dell’esecuzione della pena ex art. 147 comma 1 n. 2 c.p.p..

Catania- Roma 24 gennaio 2009

Con ossequi

Avv. Giuseppe Lipera


Atto di ricorso per Cassazione - documento


Giornale online iscritto il 2/05/2008 al n. 184/2008 del Registro di Stampa del Tribunale Civile di Roma.
Direttore Ernesta Adele Marando. Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.